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Dolori dopo intervento ernia discale

In quest'articolo "Dolore dopo intervento ernia discale" proveremo a rispondere alle seguenti domande:

Cos'è un ernia del disco?

L’ernia discale è una patologia degenerativa del disco intervertebrale. Dal punto di vista anatomico, per ernia del disco si intende la rottura dell’anello fibroso (annulus) con conseguente spostamento del nucleo polposo nello spazio intervertebrale, che avviene usualmente nella parte posteriore o postero-laterale del disco (riporto sotto a questo paragrafo un’immagine rappresentativa).

L’ernia può manifestarsi con segni e/o sintomi di compressione delle radici nervose lombosacrali (dolore lombare, radicolopatia sciatica o crurale, e limitazione funzionale).

Per sciatalgia (il termine che sentiamo dappertutto e da tempo) si intende il dolore irradiato lungo il decorso del nervo sciatico, dal gluteo alla parte posteriore della coscia fino alla caviglia.

 

Per approfondire l’argomento clicca qui per accedere al mio articolo “sciatica rimedi”).

 

La propagazione dei sintomi è variegata e differente in base al caso singolo; può “prendere” tutta la gamba, come solo parte della stessa o avere un percorso a “spot“. Può essere associata a mal di schiena (lombosciatalgia). Invece per cruralgia si intende il dolore avvertito lungo la faccia anteriore o antero-interna della coscia, lungo il decorso del nervo crurale appunto.

Dolore dopo intervento ernia discale

Chi colpisce?

L’ernia del disco lombare sintomatica può essere causa di mal di schiena, un disturbo che nei paesi occidentali colpisce il 90% degli adulti nel corso della loro vita e che
rappresenta un frequente motivo di limitazione funzionale più o meno invalidante al di sotto dei 45 anni di età.

L’indagine ISTAT sullo stato di salute in Italia segnala che l’8,2% della popolazione ha
riferito nel 1999 di essere affetto da “lombosciatalgia”.
L’ernia del disco associata a sintomi clinici si manifesta più spesso nelle persone tra i 30 e i 50 anni. Sono considerati fattori di rischio le occupazioni sedentarie e l’inattività fisica, il sovrappeso, l’alta statura, la guida di veicoli a motore prolungata e costante, le vibrazioni (lavori che richiedano la sottoposizione a tale tipo di stress appunto, come la guida), i lavori a elevato impegno fisico soprattutto se comportano abitualmente il sollevamento manuale di carichi elevati e le gravidanze.

Tutte le ernie devono essere operate?

Benché l’ernia possa causare dolore alla schiena, sciatalgia o cruralgia e impotenza funzionale, la degenerazione del disco può verificarsi anche in assenza di sintomi. Ernie del disco vengono riscontrate infatti con elevata frequenza in persone asintomatiche.

Più del 95% delle operazioni vengono eseguite ai livelli L4-L5 o L5-S1; gli uomini vengono operati con frequenza doppia rispetto alle donne.

 

Puoi trovare un approfondimento riguardo l’operazione di stabilizzazione lombare leggendo l’articolo del blog: “artrodesi lombare riabilitazione motoria“.

 

La sintomatologia determinata dall’ernia può risolversi spontaneamente o con i trattamenti conservativi: numerosi studi di diagnostica per immagini hanno provato che le ernie del disco lombare, in un’elevata quota di casi, regrediscono del tutto o in larga parte. Il miglioramento è rapido entro i primi tre mesi ed è attribuibile a meccanismi di riassorbimento cellulare.

Dolore dopo intervento ernia discale

L’ernia discale è dunque un fenomeno dinamico, nonché una condizione relativamente comune e a prognosi favorevole nella maggior parte dei casi. Il 95% dei pazienti
con mal di schiena invalidante è in grado di ritornare al lavoro entro tre mesi dall’insorgenza della sintomatologia senza ricorrere alla chirurgia.

Sono invece rare le ernie del disco che provocano compressioni estese, usualmente considerate come chiare indicazioni all’intervento chirurgico.

Quindi è importante aver compreso che la rilevazione di ernia del disco da parte di un esame radiologico non porta direttamente alla sala operatoria. Assieme a tale criterio devo essercene altri coesistenti contemporaneamente per valutare l’opzione chirurgica: sintomi lamentati dal paziente, referti radiologici e risultati ai test clinici.

Se sei stato o dovrai operarti leggi il mio articolo introduttivo sulla chirurgia cliccando QUI.

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Perchè rivolgersi ad uno specialista?

Il perchè più importante è: per avere CHIAREZZA.

La paura più grande dell’uomo è il dubbio, l’incertezza, la confusione e l’incomprensione relativa ad una problematica.

Dico questo perchè, come avrete capito leggendo i paragrafi soprastanti, avere un ernia non vuol dire “intervento chirurgico”, ne un futuro di dolore e disabilità assicurato (incapaci di alzare un vaso di fiori, tenere in braccio il proprio nipotino o una cassetta d’acqua).

Esistono alcuni “campanelli rossi (su cui non mi dilungherò in questo articolo, riconducibili a problematiche propriamente chirurgiche, infiammatorie, oncologiche o in generale patologie invalidanti) che ogni sanitario deve conoscere. Se dalla visita (verbale o colloquio) e dall’esame clinico emergono questi campanelli rossi il professionista si affiderà poi ad ulteriori esami strumentali per inquadrare il caso. 

Inoltre, suggerisco personalmente questa volta, rivolgendosi ad uno specialista evitiamo di eseguire rx, risonanza o tac senza un reale motivo.

Per darvi un informazione molto generica, non è raccomandato eseguire esami nelle prime settimane subito adiacenti l’evento acuto (se siamo in assenza di “campanelli rossi” o di dolore molto invalidante).

 

Dolore dopo intervento ernia discale

Un altra problematica legata a tale tematica riguarda proprio l’uso eccessivo di esami strumentali anche in casi che non ne hanno la necessità. Anzi, indagini eseguite troppo precocemente potrebbero portare a indicazioni inappropriate al trattamento chirurgico in casi destinati a risolversi spontaneamente. 

Per tutte le motivazioni fino a qui elencate, a volte le informazioni ottenute da un referto medico, potrebbero generare o peggiorare il senso di “malattia” o disabilità del paziente.

L’esempio più tipico che vediamo negli studi di fisioterapia è rappresentato da persone che eseguono privatamente (senza consulto specialistico medico o fisioterapico) delle analisi radiologiche che mettono in luce la presenza di ernie o altre alterazioni.

Anche se la lombalgia non è legata a tale ritrovamento radiologico, spesso il paziente  attribuisce a ciò la propria condizione, rischiando solo dienfatizzarla e coltivare false credenze.

ernia del disco

Serve la fisioterapia?

Citando direttamente ciò che viene riportato nelle linee guida ufficiali sappiamo che:

  • è assolutamente controindicato rimanere troppo tempo a riposo/a letto (questo sia in caso di trattamento chirurgico che conservativo). Dobbiamo cercare di tornare subito ad essere autonomi ed attivi, in base al livello di irritazione dei nostri tessuti;
  • dopo un evento acuto di ernia del disco, che richieda o meno un intervento chirurgico, deve essere effettuato un programma intensivo di riabilitazione fisioterapica (da iniziare entro 4-6 settimane dall’intervento). Il trattamento fisioterapico, nell’ambito della presa in carico globale del paziente, deve essere iniziato il più precocemente possibile, magari anche in fase preoperatoria.

La fisioterapia, infatti, porta agli stessi risultati della chirurgia nel lungo termine. Ovviamente, come spiegato precedentemente, se tutti i criteri vengono soddisfatti bisogna ricorrere all’intervento. (in poche parole se un caso necessita la via chirurgica si deve assolutamente seguire questa strada).

Dolori dopo intervento chirurgico ernia discale, come mai?

Eccoci arrivati al più importante capitolo di questo articolo, il motivo per cui il lettore è qui.

Se sei stato operato alla schiena dopo la diagnosi di ernia discale, probabilmente ti aspettavi una guarigione rapida ed immediata.

Se questo, purtroppo, non è il tuo caso, continua a leggere fino alla fine.

Dare una risposta univoca è impossibile, ma possiamo ipotizzare ed elencare i fattori più importanti da considerare per dare risposta alla nostro domanda.

  • cronicità dei sintomi: se la sintomatologia dura da molti mesi o anni sarà difficile avere un miglioramento rapido. Sarà più probabile avere un recupero lento e graduale;
  • livello di fitness, attività o allenamento pre-intervento. Persone attive, allenate o che avevano già intrapreso un percorso fisioterapico preoperatorio hanno migliori probabilità di miglioramento;
  • invasività dell’operazione chirurgica, leggi l’articolo “Rischi intervento chirurgico“;
  • numero di interventi chirurgici;
  • inappropriatezza dell’indicazione chirurgica;
  • basso livello di educazione circa le norme per la prevenzione delle patologie degenerative della colonna – dovremmo agire sempre in “prevenzione” per modificare quei fattori di rischio (abitudini scorrette) ancor prima che sorga la problematica vera e propria;
  • disinformazione e false credenze nei riguardi della problematica e del percorso intrapreso. Come già riportato in questo articolo, un paziente che viene mal informato sulla natura e il decorso della sua problematica può rischiare di “somatizzare” ancor più i propri sintomi. (“sono stato operato, la mia schiena sarà per sempre fragile“)
  • fattori socio-economici (la possibile perdita del lavoro causa infortunio) e psicologici (insicurezza, kinesiofobia o ipocondria).
  • fumo e obesità.
  • inadeguatezza del percorso fisioterapico: troppo poco tempo / poche sedute sotto la supervisione di un professionista, inadeguatezza della strategia terapeutica come l’uso prerogativo di massaggio e terapie passive senza mai migliorare la forza e la tolleranza ai movimenti dolorosi. *Per approfondire la tematica della fisioterapia leggi l’articolo “Fisioterapista convenzionato o privato“.
Aggiungo anche che il dolore è un fenomeno complesso (come ci racconta un mio altro articolo che puoi leggere cliccando QUI). Un operazione chirurgica andrà a “stressare” un area del corpo che già è dolorante, sensibilizzandola una seconda volta.
Sappiamo anche che l’interessamento doloroso del sistema nervoso (sciatica) può durare molto tempo, guarendo in modo progressivo nel giro di mesi.
Infine il perpetrarsi dei sintomi può essere dovuto (ahimè) all’inseguimento di linee di trattamento sbagliate, “antiche“, non aggiornate o troppo aggressive.

Il trattamento di un esito chirurgico di un ernia discale deve essere RAGIONATO e ponderato su ogni persona.

La scienza e la ricerca hanno ormai portato a conclusioni importanti. Il fisioterapista non può (e secondo me non deve) “usare” solo trattamenti passivimassaggio, coppette, e cerotti perchè non permetterà di raggiungere risultati ottimali completi.

Un mal di schiena (che porti a chirurgica o no) deve essere gestito e studiato. La persona deve venire a conoscenza di come gestire ogni fase della guarigione, comprendendo più possibile le cause e le soluzioni e la natura dei propri dolori (non sempre legata ad una lesione, ma ad una “irritazione“).

Addentrandoci nella pratica, il fisioterapista deve capire movimenti, posture, attività aggravanti per i sintomi del paziente. Deve dare modo di gestire autonomamente, anche a domicilio, la propria condizione.

In più dovrà guidare il paziente nel risolvere le sue “paure ovvero:

  • la limitazione delle attività (“non so se riuscirò più a piegarmi in avanti” , “non potrò più alzare pesi“, “dovrò lasciare stare il nuoto e le camminate in montagna“);
  • la gestione di nuovi eventi acuti (è possibile avere nella vita futura delle “riaccensioni” del dolore, che però non devono bloccarci o limitare la nostra vita).

Nel mio studio, la volontà è proprio questa, aiutare la persona in ogni fase, avere chiarezza riguardo alla problematica ed avere gli strumenti per vivere senza limitazioni.

 

Cliccando QUI accederai al mio articolo dedicato ai rimedi del mal di schiena.

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*Anche se le informazioni contenute su questo blog sono molto utili, consigliamo all’utente di rivolgersi sempre al proprio professionista sanitario, medico di base, ortopedico o fisioterapista. Non improvvisare rimedi, esercizi ed attività decise senza aver consultato gli esperti del settore.

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